Siccità e temperature crescenti, cambiamenti climatici: minacce per i nostri boschi e la biodiversità ?

01 Settembre 2022
alberi da Life AforClimate

Premessa

Questo articolo prova a rispondere a una domanda complessa in modo semplice e discorsivo, cedendo un po’ al rigore scientifico per privilegiare la comprensibilità anche ai non addetti ai lavori. Il tema è importante, riguarda tutti noi. Proviamo quindi a mettere a fuoco i problemi che il clima porrà nella gestione del patrimonio boschivo negli anni a venire.

alcuni dati

L'osservatorio siccità del CNR, nel dettagliato Bollettino di luglio 2022 segnala che lo stress da calore è stato massimo in Sardegna. Tutti gli altri indici climatici sono preoccupanti. L'indicatore delle condizioni della vegetazione (VCI, vegetation condition index) che è riferito alla vegetazione forestale la dice lunga sull'importanza dei boschi e sulla loro grande capacità di sopportare (sinora) le ondate di calore. La relazione dell’EEA (Agenzia Europea per l'Ambiente) “Risorse idriche in Europa – Affrontare lo stress idrico: una valutazione aggiornata” presenta le più recenti conoscenze sulla disponibilità idrica in Europa sostenendo il passaggio dalla gestione delle crisi alla gestione del rischio.

Alcune definizioni

LA COMUNITà VEGETALE

Il bosco, in ecologia, è una comunità vegetale, dove la componente arborea domina sulle specie arbustive ed erbacee. L’insieme di comunità vegetale, animale, fungina ecc. (Biocenosi) e della parte cosiddetta “abiotica” (suolo, acqua e clima) costituisce l’ecosistema “Bosco”: un sistema complesso, in cui tutte le componenti sono legate tra loro in un equilibrio dinamico indissolubile, a partire dagli organismi cosiddetti “autotrofi”, o produttori (che immagazzinano l’energia solare).

LA CAPACITà di ADATTAMENTO: equilibrio precario

L’equilibrio dell’ecosistema è “dinamico” perché al variare qualunque sua componente (compresa quella abiotica come suolo o clima) conseguono risposte diverse in termini di trasformazione della biocenosi nel suo complesso.   La rapidità del cambiamento determina un maggiore o minore adattamento delle diverse componenti biotiche alla nuova situazione: più rapido il cambiamento, minore la capacità degli organismi adattarsi alle nuove condizioni.    Per questo motivo il fenomeno della siccità e l’innalzamento progressivo delle temperature medie rappresenta una vera minaccia che incombe su tutti gli ecosistemi, anche quelli forestali.

Resilienza e Resistenza. La pressione selettiva

LA PRESSIONE SELETTIVA PREMIA Gli organismi che SI ADATTAno MEGLIO

Le specie vegetali e animali che abitano il bosco sono quelle che hanno vinto la lotta per sopravvivere, modificandosi e adattandosi (in altri termini co-evolvendosi) per mettere in campo la massima resilienza possibile (capacità di recupero, autoriparazione e rinnovamento) e sviluppando la massima resistenza (capacità di reagire e superare le difficoltà) a tutti i fattori ecologici e di disturbo incontrati.

ADATTAMENTO AL FUOCO (FATTORE ECOLOGICO SELETTIVO, causa di degrado)

In ambiente boschivo con clima di tipo mediterraneo, come quello sardo, un fattore di perturbazione ecologica è naturalmente rappresentato dal fuoco. Si tratta di un evento apparentemente devastante e definitivo, ma in realtà solo transitorio.  Infatti le biocenosi mediterranee hanno una storia evolutiva di milioni di anni, in ambiente soggetto naturalmente al passaggio del fuoco, per cui hanno sviluppato meccanismi di reazione che consentono la sopravvivenza delle specie o dei singoli individui anche dopo il passaggio del fuoco. Resta il fatto che il fuoco è sempre un fattore ecologico negativo nella misura in cui determina degrado e involuzione degli ecosistemi forestali colpiti.

Due esempi: sughera vs. leccio

Due emblemi di resistenza e di resilienza, per la loro caratteristica reazione, ad esempio al fattore perturbativo fuoco,  sono la sughera e il leccio, che sono un esempio canonico legato ai boschi sardi:

  • la sughera è una specie resistente: infatti (se non decorticata) riforma subito la chioma dopo il passaggio delle fiamme, perchè il sughero ne protegge i rami; 
  • il leccio è invece resiliente: dopo il passaggio del fuoco la parte aerea dell'albero muore...ma dalla parte ipogea (quindi dalle radici, se non danneggiate dal fuoco) si sviluppano le nuove gemme che daranno origine a una nuova pianta.

IL CLIMA, ALTRO POTENTE FATTORE SELETTIVO

Anche il clima, in questo scenario evolutivo pluri-millenario, ha agito nella selezione degli organismi, favorendo costantemente quelli più idonei alle condizioni climatiche ovvero quelli più adattabili ai cambiamenti.  Ma lo sviluppo di nuove strategie (di adattamento) è possibile solo se il cambiamento climatico è (e sarà) graduale, contrariamente la risposta evolutiva non funziona e si può andare incontro a quella che viene definita “estinzione di massa".

La Terra, sin dalla comparsa della vita, ha già assistito a diversi episodi di estinzione di massa (se ne contano almeno cinque): sembrerebbero tutte dovute a repentini cambiamenti climatici.  L’ultima estinzione di massa conosciuta è quella che segna la fine del Cretaceo, circa 65 milioni di anni fa, con la scomparsa dei dinosauri, causata probabilmente dalle basse temperature conseguenti (si ipotizza) all’impatto di un meteorite che sconvolse il clima.

Nessuno dei devastanti episodi di estinzioni del passato è legato ad una componente biotica del nostro pianeta.  Poi è comparso l’uomo... 

CAMBIAMENTI CLIMATICI SEMPRE PIÙ RAPIDI

Effetto serra, emissioni inquinanti, piogge più intense e meno frequenti, siccità ed incendi che aumentano come gli eventi meteo estremi, sono l’effetto di una scala crescente delle energie termo-dinamiche in gioco nel bacino Mediterraneo. In questo contesto nuovo, la sfida maggiore per gli organismi dell'ecosistema-bosco è il binomio siccità - alte temperature, che colpisce prima di tutto gli alberi (anche perché sono quelli che offrono la maggior superficie vitale all’irraggiamento solare).

LA SETE DEGLI ALBERI, OVVERO LA MINOR QUANTITÀ D’ACQUA NELL’ECOSISTEMA-BOSCO

Aumentano le temperature e si restringe la finestra temporale in cui le piante beneficiano di piogge (spesso in quantità eccessive concentrate in pochi eventi ma intensi, dilavando il suolo) - unite alla siccità idrologica (meno acqua circolante nei bacini e nel sottosuolo) determina nelle piante - e soprattutto negli alberi - la riduzione della fotosintesi.

LA crescente DIFFUSIONE DI PATOGENI LEGATA ALLA GLOBALIZZAZIONE

Tra i fattori collaterali e concorrenti, che aumentano le minacce per gli ecosistemi con velocità mai verificatasi prima della globalizzazione, andrebbe citata anche la diffusione di specie aliene e di patogeni, facilitata dalle attività umane e dai ridottissimi tempi di trasporto e movimentazione di uomini e merci. Questo ha un impatto importante e si aggiunge agli altri elementi di disturbo anche per l'ecosistema-bosco. 

MENO LEGNO, MENO BIOMASSA, MENO SEQUESTRO DI CARBONIO...un circolo vizioso

La prima opzione del bosco “resiliente” a fronte di un'alterazione ambientale, è il rallentamento della fotosintesi, che equivale alla riduzione del metabolismo: così uno degli effetti della siccità e del clima estremo è la sofferenza della pianta, della chioma, delle sue funzioni vitali.  Meno produzione di ossigeno, minor sequestro di carbonio (meno anidride carbonica assorbita) attivano un circolo vizioso potenzialmente pericoloso per la vita nel pianeta (aumenta la CO2, aumenta il riscaldamento climatico, continua a diminuire la capacità dell’ecosistema di assorbire la CO2).    Secondo una ricerca pubblicata nel 2019 su Nature Climate Change l’impatto delle siccità estreme si traduce in un considerevole calo della capacità delle piante di assorbire CO2 e quindi sarà più che dimezzato il volume di carbonio che gli alberi sapranno assorbire con fotosintesi.

CICLO RIPRODUTTIVO RALLENTATO, DEPERIMENTO E MORTE DELLE PIANTE...

L’intenso calore sta quindi provocando un’intensa diminuzione della fotosintesi. E la siccità influenza il ciclo vitale e persino la capacità produttiva (fioriture-impollinazione-fruttificazione) con la conseguenza che diminuisce in alcune piante il materiale di propagazione (semi).  La capacità riproduttiva - anche per le specie che reagiscono alla crisi producendo più semi - è vanificata dall'impossibilità delle giovani piante di affermarsi in condizioni climatiche ormai avverse.  
Questo spiega la sempre più frequente comparsa, anche in Europa, di aree di deperimento e morte degli alberi causata dalla siccità: come una popolazione umana indebolita da fame e sete, anche le piante non riescono a sopravvivere, o sopravvivono a stento senza riuscire a riprodursi come servirebbe.   
Tra gli effetti collaterali di questa “crisi” che sta mettendo sotto-pressione i nostri ecosistemi forestali, potrebbe esserci un'ulteriore e anomala selezione naturale che potrebbe portare al cambio di specie vegetali (e quindi, ancora, un'alterazione incontrollabile dei nostri ecosistemi). Potrebbero scomparire (o più realisticamente, progressivamente diminuire ed essere sostituite) specie sempreverdi come il leccio, sostituite da specie arbustive più xerotolleranti (resistenti all’aridità). Dunque un suolo più arido causerà anche una minore disponibilità di servizi ecosistemici (vedi servizi di valore ambientale svolti dalle foreste) che solo un bosco "complesso e ricco" può assicurare.   In questo ulteriore circolo vizioso, il peggioramento indotto porterà non solo al calo della biodiversità, ma anche minore protezione dal dissesto idro-geologico.  Essendo il bosco un ecosistema complesso in cui ogni componente della Biocenosi è strettamente interdipendente dalle altre, anche numerose specie animali potrebbero scomparire o spostarsi a latitudini superiori, abbandonando ampie aree del Mediterraneo tra cui la nostra Isola. Questo è purtroppo uno scenario plausibile e probabile, uno scenario di desertificazione, in un orizzonte temporale medio-breve.

CALA LA CAPACITÀ DEGLI ALBERI DI MITIGARE IL CLIMA

Un altro circolo vizioso - assai preoccupante - è legato al clima: più aumentano le temperature più cala la capacità di assorbimento di CO2 dei boschi e purtroppo alla minore mitigazione del clima. Al di là dei calcoli e dei modelli, che pure sono ormai concordi in tantissimi studi scientifici, è facile capire che è come stare al mare sotto un sole sempre più caldo, con l’ombrellone che si rompe e non fa più ombra!

LA VELOCITÀ DEL CAMBIAMENTO SALE, DIMINUISCE LA CAPACITÀ DI ADATTAMENTO

Il diffondersi del clima siccitoso, sta portando evidentemente le regioni più a sud del Mediterraneo, come la nostra Isola, verso una prevalenza di formazioni dominate da specie arbustive a scapito di quelle arboree, sino al degrado rappresentato da formazioni a gariga.   Questo processo è già in corso, visibile: con una velocità tale da non consentire adattamenti come in passato. È come se il “tempo evolutivo “ - quello disponibile alle specie boschive per adattarsi - sia passato dalla scala dei millenni a quella dei decenni. Un tempo inferiore a quello teoricamente necessario...

STRATEGIE DI SOPRAVVIVENZA

Studiando come le piante reagiscono allo stress della siccità e all’innalzamento delle temperature, si può predire nelle linee generali quale evoluzione avremo nel medio-lungo periodo.  Le piante possono adattarsi modificando dimensioni, forma e struttura dei vari apparati vitali, per ridurre il bisogno d’acqua e sopravvivere alla siccità.    A proposito di resilienza ad esempio le radici più profonde permettono di fronteggiare meglio la siccità, raggiungendo risorse idriche meno volatili al crescere della temperatura, nel sottosuolo. Dunque nella attuale lotta per la sopravvivenza, in modo inatteso e mai sperimentato prima, saranno premiate le specie con un apparato radicale meno superficiale. 

Con questa premessa, è facile dedurre che non tutti gli ecosistemi-bosco avranno la stessa capacità di sopravvivere: questa sarà maggiore nei sistemi forestali dove non tutte le specie attingono acqua alla stessa profondità, competendo tra loro.  Un altro elemento della vita (la competizione per le risorse vitali) viene quindi esacerbato dagli attuali cambiamenti climatici.

Quale sarà il risultato di questa “lotta”? Non è facile prevederlo e richiederà una continua osservazione dei nostri boschi, nella consapevolezza che non tutti reagiranno allo stesso modo.

altri modi di "resistere"

Altre strategie che le piante mettono in campo per “resistere” sono:

  • ridurre il ciclo vitale per evitare il periodo più avverso - molte piante completano il loro ciclo vitale prima della siccità - questo è tipico della macchia mediterranea; l’esempio più chiaro di questa strategia è la cosiddetta “estivazione” messa in atto ad es. dall’euforbia arborea o dai cisti;  un altro adattamento della pianta è la perdita delle foglie durante i mesi estivi per eliminare la sua superficie traspirante durante la dormienza estiva;
  • ridurre lo stress per limitare i danni (troppo caldo e poca acqua) - molte piante sfruttano adattamenti morfologici già sviluppati e utili contro la siccità, come quelli tipici delle conifere (foglie sottili aghiformi per limitare l’assorbimento del calore irraggiato e la traspirazione) o l’oleandro (una spessa cuticola fogliare limita la traspirazione rendendolo capace di trattenere più possibile i liquidi, caratteristica tipica delle sclerofille mediterranee);
  • superare lo stress per minimizzarne i danni - come le piante già adattate al clima arido, capaci di seccarsi e ri-idratarsi in breve tempo (come molte specie della macchia mediterranea, lavanda, rosmarino…)

Il clima modellerà il paesaggio ?

Entro questo secolo, secondo i modelli disponibili, il clima caldo e siccitoso e la desertificazione interesseranno latitudini sempre più distanti dall’equatore, raggiungendo ed avvolgendo gran parte del Mediterraneo meridionale: questo scenario è quindi il più plausibile per la nostra Isola, se non sapremo attenuarne gli effetti.  Ci possiamo aspettare, con ragionevole (e preoccupante) certezza che: 

  • avremo un clima sempre più caldo e secco, in cui solo le specie arbustive e quelle arboree più resistenti riusciranno a sopravvivere (Pino d’Aleppo e altre conifere mediterranee e poche latifoglie come Carrubo e Olivastro);
  • i nostri boschi saranno sempre meno estesi, con piante sempre più piccole e meno rigogliose;
  • aumenterà la vulnerabilità dei boschi: per gli incendi, per la siccità, per attacchi parassitari, per la sussistenza di condizioni critiche in periodi sempre più lunghi che si ripropongono ogni anno;
  • defogliazione e disseccamento della chioma saranno un connotato del nostro paesaggio, che ci esporrà tra l’altro a sempre maggiori incendi;
  • si altereranno in modo significativo (e quasi irreversibile) alcuni ecosistemi preziosi; 
  • cambieranno in modo sempre più veloce funzionamento e composizione degli ecosistemi forestali, con impatti prevedibili sulla capacità di assorbire CO2, sul paesaggio e sull’insieme di servizi ecosistemici nonché sulla stessa biodiversità!

STRATEGIE DA ADOTTARE

Sarà sempre più importante disporre di dati, monitorare la vulnerabilità del nostro patrimonio forestale e difenderlo con politiche e approcci selvicolturali moderni e consapevoli;  dovranno essere riviste, adattate e adottate, nuove strategie selvicolturali adeguate al contesto; ad esempio: diradamenti selettivi (per aumentare la resilienza del sistema-bosco, ridurre la competizione tra piante per la risorsa idrica, avvantaggiare le specie capaci di sopravvivere in un ambienti più critici);  senza però compromettere la biodiversità, che dipende dalla varietà di specie che coesistono. 

Sarà necessario assicurare il rilascio di quantità maggiori di “legno morto” anche per arricchire i suoli di sostanza organica preziosissima per la biodiversità anche nel mutato contesto climatico.

Sarà importante il monitoraggio costante del territorio per tutto l’anno e non solo nel periodo estivo sarà una delle poche leve per difendere il bosco dagli incendi, anche perchè la compromissione del clima e l’aumento delle temperature renderanno sempre più difficile il “recupero” dopo il fuoco…

Conclusioni

La biodiversità è fondamentale a tutti i livelli (genetico, ecosistemico, di paesaggio).  Ma non solo perché è "bello" avere boschi popolati da cervi, farfalle, e una varietà di altri animali, piante, insetti ed uccelli variopinti.  La biodiversità è proprio un serbatoio di risorse per fronteggiare il futuro: se la perdessimo, sarebbe anche la nostra fine.

Serviranno poi un maggiore presidio a difesa dei boschi, maggiore attenzione per gli ecosistemi, una conoscenza scientifica e forestale adeguata per tutelare ambienti sempre più preziosi e sempre più minacciati, quindi fragili.  
Dunque, per concludere, davanti all’inevitabile sfida che si prospetta sul clima impazzito, non possiamo dimenticarci che una delle poche difese saranno proprio i nostri preziosi boschi!

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