Un nuovo studio sui boschi vetusti della Sardegna

04 Maggio 2021
foresta vetusta di Sos Nibberos, Bono (foto Sergio Fantini)

I boschi antichi della Sardegna e la loro struttura sono i protagonisti dell’articolo pubblicato sulla rivista internazionale “Annals of Forest Reserarch” - frutto della collaborazione tra il Centro Conservazione Biodiversità (CCB) dell’Università di Cagliari e l’Agenzia Fo.Re.STAS.

Foreste primarie, boschi, foreste vetuste

Giova precisare alcuni termini: la foresta è un'area vasta non antropizzata e dominata dalla vegetazione naturale, specialmente alberi ad alto fusto, a crescita e diffusione spontanea. Quando la foresta ha estensione limitata oppure è interessata da selvicoltura, si parla più propriamente di bosco.

Tra le tante possibili classificazioni delle foreste (botanica, geografica, etc) è rilevante quella che tiene conto dello stato di conservazione: è possibile quindi distinguere tra la foresta primaria (una foresta intatta, il cui ecosistema persiste allo stato originario, mai interessata da attività umane nè agricole nè industriali; possiede il massimo grado di biodiversità) e foresta secondaria (assai disturbata da cause naturali e non, ad esempio interessata da tagli selettivi, o da ricrescita dopo tagli a raso, o dopo un ciclo di sfruttamento agricolo o dopo incendi; ha tipicamente una una copertura meno sviluppata, alberi più giovani e minore bio-diversità, ed una presenza di specie pioniere).

Secondo alcune definizioni internazionali (FAO, 2011) una foresta vetusta è una porzione di foresta primaria o secondaria che abbia raggiunto un’età nella quale specie e attributi strutturali normalmente associati con foreste primarie senescenti dello stesso tipo, si siano sufficientemente accumulati così da renderlo distinto come ecosistema rispetto a boschi più giovani.
Il ministero dell'Ambiente ha dedicato una piccola pubblicazione a questo argomento, nel 2010.

Cosa sono i Boschi Vetusti?

Boschi relativamente “intatti”, mai bruciati e non sfruttati dall'uomo per un tempo relativamente lungo: sono spesso ridotti - anche in Sardegna - a popolamenti isolati e frammentati, lembi di bosco residuo, in luoghi difficilmente raggiungibili.  Di antica origine, estranee alle pratiche agricole anche perchè site in terreni non produttivi (specie in zone montane impervie) le foreste vetuste (old-growth forests) assicurano la presenza di processi dinamici non influenzati dall’uomo nel lungo periodo: nessuna interferenza, né prelievo del legno vivo o morto.
I boschi vetusti sono insomma molto rari in tutta Europa, e di estensioni molto limitate: "macchie" di natura intonsa in un mosaico di antropizzazione spinta oltre ogni limite dall'attività umana. 
Oltre alla caratteristica presenza di grandi e vecchi alberi, vi è abbondanza di legno morto, fondamentale perché ospita centinaia di specie animali e vegetali:

  • funghi saproxilici (specie legate al legno deperiente) che contribuiscono al processo di decomposizione del legno,
  • coleotteri le cui larve si cibano di legno morto
  • piante vascolari che ne approfittano per la germinazione
  • licheni, muschi,
  • mammiferi chirotteri (pipistrelli) ed uccelli che usano le cavità per deporre le uova...

L'importanza dei boschi vetusti

L’Unione europea riconosce il valore delle foreste primarie e delle foreste vetuste, tanto che si è posta l’obiettivo di mappare e proteggere rigorosamente tutte le foreste primarie e vetuste ancora esistenti in Europa.

Conoscere e conservare i boschi è come custodire la biodiversità: le foreste primarie e secolari, sono veri e propri "scrigni ecosistemici" ricchi di una molteplicità di forme di vita rare; sono capaci di immagazzinare grandi quantità di carbonio, trattenendolo nel legno e nelle radici e contribuendo alla lotta ai cambiamenti climatici. 

Perchè studiare le foreste vetuste?

L'interesse è legata soprattutto alla tutela della bio-diversità ma anche al valore culturale, all'accumulo di CO2 ed alla gestione forestale: molti studi riconoscono infatti in tali foreste un importante punto di riferimento anche per la valutazione dell'impatto delle attività umane sugli ecosistemi forestali.  Indispensabile per lo sviluppo di tecniche per la gestione forestale sostenibile che possa integrare le funzioni sociali, economiche del bosco con il suo valore ecologico: infatti la gestione forestale ha impatti significativi su numerosi gruppi di esseri viventi: dagli invertebrati ai licheni, ai muschi (briofite) ai funghi, dagli uccelli alle piante vascolari.

La pubblicazione scientifica

In questo recente studio condotto dall'UniCA e Forestas, si sono analizzate alcune delle peculiarità spesso trascurate di questi importanti ecosistemi, come la presenza del legno morto e la loro capacità di costituire degli habitat per numerose specie. Le foreste mediterranee sono state alterate da varie attività umane, e quelle vetuste sono ridotte a piccoli lembi isolati, eppure ancora troppo poco studiate: in questa ricerca ci si concentra sui parametri identificativi, quali il numero di grandi alberi e di alberi vetusti, il mosaico di specie presenti, la eterogeneità di chioma e la frequente presenza di legno morto. Un indice di "eterogeneità strutturale" (SHI) è usato per riassumere la "vetustà" (costituito da otto indicatori strutturali specifici); si è studiato come questa dipenda anche da altre variabili biologiche quali la presenza di cerambicidi, la copertura delle chiome, la collocazione e le classi di età degli alberi.  In questo studio, per la prima volta, si mostra che numerose foreste della Sardegna, dal Gutturu Mannu al Limbara, passando per il Supramonte ed il Goceano, necessitano di grande protezione e di un'attenzione speciale, per la presenza di boschi vetusti.  In sostanza, però, la ricerca mostra anche i limiti del parametro SHI: utilissimo per fare sintesi ai fini gestionali, ma inadeguato a rappresentare la complessità delle dinamiche e delle specie forestali in Sardegna.  È possibile leggere l’articolo a questo link.

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